La cricca dei concorsi oleari e le colpe di olivicoltori e frantoiani

E’ tempo di concorsi oleari, premiazioni, diplomi, targhe e quant’altro connesso con un mondo che sta diventando sempre più autoreferenziale e sempre meno a servizio dell’olio extravergine di oliva di eccellenza.

Il numero di assaggiatori che, a vario titolo, partecipano come giurati o capi panel ai concorsi oleari è di poche decine. Una cricca che, consapevolmente o inconsapevolmente, decide le linee guidadi cosa è un olio extra vergine di oliva di alta qualità, quali sono le caratteristiche desiderabili e quindi vincenti. Va da sé che gli oli vengono allora costruiti o selezionati per il concorso da parte di olivicoltori e frantoiani, diventando correi di un circolo vizioso.

I concorsi, dopo aver avuto successo nell’aumentare la qualità complessiva della produzione, hanno fallito miseramente l’obiettivo promozional-commerciale che si erano dati. Non sono più un riferimento, tranne pochissimi casi, per buyer, importatori e distributori, né ovviamente per i consumatori. Più che la proliferazione delle competizioni, c’entra la proliferazione delle medaglie, con la lista dei premiati che è più lunga di quella dei partecipanti. In cotanto mare magnum, il buyer si perde, non ha più una guida e decide di far da sé. Anche qui i produttori hanno le loro colpe, dalle lamentele su “vincono sempre i soliti” fino a “possibile che non ricevo mai un premio”. Gli organizzatori dei concorsi, non essendo enti di beneficenza, sono venuti incontro alla domanda, moltiplicando le medaglie. Il valore dei diplomi è così rapidamente scaduto, tanto da non poter essere più effettivamente utilizzato nelle trattative commerciali per ottenere qualsiasi valore aggiunto. Vale a dire, anziché una rincorsa verso l’alto, ovvero lo spirito originario dei concorsi, si è assistito a un livellamento verso il basso per desiderio e volontà dello stesso mondo produttivo. Un assurdo!

Allo scadimento del valore dei premi e diplomi ne è seguito quello dei concorsi stessi, a cui si partecipa ormai più per abitudine, sollecitazioni, amicizia, riconoscenza. O peggio sconti e offerte speciali. Siamo arrivati al punto che i concorsi, pur di avere campioni, misura del successo della competizione, non fanno pagare nulla o quasi ai partecipanti. Da qui la necessità di rinverdire la fama dei concorsi, inventandosi il concorso dei concorsi, ovvero i vari ranking internazionali. Questi dovrebbero diventare la vera guida per buyer e compratori, da cui l’interesse di industria e imbottigliatori a esservi presenti nelle prime posizioni. E qui siamo alla degenerazione più assurda, con i punteggi (da cui l’importanza del concorso) che vengono assegnati sulla base di amicizie o altri meccanismi poco chiari e trasparenti, arrivando persino ai ricattucci. Niente di illecito, anche questi ranking sono iniziative imprenditoriali e quindi rispondono a degli interessi. Il problema è che tanto più opachi sono questi interessi, tanto più il sistema va in cortocircuito.

Nessuna rivolta o alzata di scudi è possibile nel mondo dell’olio, ne sono ben consapevole. Troppo pavidi olivicoltori e frantoiani, troppi interessi e soldi nel mondo dei concorsi.

Nulla cambierà, ma almeno evitiamo l’ipocrisia delle solite lamentele sulle competizioni olearie e sulla loro inutilità. A tutti va bene così. Amen, andate in pace.

di Alberto Grimelli

Fonte: https://www.teatronaturale.it/pensieri-e-parole/editoriali/41852-la-cricca-dei-concorsi-oleari-e-le-colpe-di-olivicoltori-e-frantoiani.htm?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-23032024